Capitolo 2

I carabinieri ascoltavano attentamente ciò che Alessandro Bruni raccontava. Dopo una breve pausa ripresero l’interrogatorio, loro volevano arrivare al momento del rapimento, volevano sapere cosa l'avesse spinto a compiere questo gesto e quali fossero le sue intenzioni.
« Mi ero trasferito in Liguria e iniziai a frequentare la casa Pirandello sempre di più. Penelope era sempre così gentile e iniziò a provare anche lei dei sentimenti nei miei confronti… per lo meno era quello che credevo all’inizio. Poi pensando a come sono andate le cose in seguito… beh non so più cosa pensare !
Un giorno mi diede una busta chiedendomi di consegnarla al Suo Amore, io sapevo che stava parlando di me, di chi altro altrimenti ?
Quando l’aprii, ebbi la certezza che non dovevo più starmene lì fermo ad aspettare, per poi aspettare cosa ? Lei mi amava ed io amavo lei !
Quando sei qui con me, la Notte mi è nemica poiché mi allontana dai tuoi occhi color mare. Quando invece non sei con me, la Notte mi fa da rifugio per i miei ricordi felici al tuo fianco. Fa in modo che la Notte non sia più così instabile come la sua amica Luna e che diventi il nostro rifugio dove non esiste più nient’altro che il nostro amore.
In fondo alla lettera c’era un numero di telefono, al quale seguiva la firma « Dalla tua Stella di mare ».
La sera stessa iniziai a scriverle, le nostre chiacchierate erano meravigliose. Era vero quello che la gente diceva su di lei: leggere ciò che scriveva era come sentir cantare un coro celeste.
Dopo qualche tempo mi decisi: dovevo farla contenta.
Lei continuava a dirmi che era triste lontana da me, allora io trovai una soluzione. »
ALESSANDRO ERA CONSAPEVOLE CHE I MESSAGGI NON ERANO PER LUI ? VERAMENTE IN TUTTO QUESTO TEMPO NON HA CAPITO CHE LEI NON AMAVA LUI, MA SUO FIGLIO ? LEI ERA CONVINTA DI SCRIVERE AL FIGLIO, PERCHÉ LUI NON SE NE È ACCORTO ?
« Una sera le scrissi che avevo trovato il modo per stare insieme e che la distanza non sarebbe più stata un impedimento.
Una notte, approfittando del fatto che il padre di Penelope era per via per lavoro, entrai in casa loro, salii le scale fino ad arrivare in camera di lei.
Quando entrai il suo gatto, un bellissimo persiano grigio, mi iniziò a soffiare, io lo presi e, nonostante i graffi che mi fece sul braccio, lo chiusi dentro il bagno, anche se volevo tanto fargli fare un volo. Mi avvicinai al letto di Penelope e la guardai per un attimo dormire. Poi mi avvicinai per prenderla in braccio.
Lei appena si sentì toccare iniziò a urlare. Allora io le coprii la bocca e le dissi di stare tranquilla. Ma lei niente continuava a strillare, non importava quanto io le dicessi di calmarsi, lei continuava a dimenarsi per cercare di liberarsi, così strinsi, misi più forza sulla sua bocca per poterla zittire e scappai con lei in braccio. La caricai in macchina e partii.
Lei era terrorizzata, ma non capivo il perché. Provai a chiederglielo, ma lei continuava a piangere e dirmi di portarla a casa.
Mi arrabbiai perché io avevo mantenuto la promessa e lei aveva cambiato idea. »
Alessandro Bruni sbatté il pugno sul tavolo, stette per circa 5 minuti in silenzio e poi riprese il racconto.
« Quello che successe da lì in avanti è stato ciò che volevamo: vivere insieme. Io capii subito che, se non volevamo essere trovati, dovevamo sparire. Così andammo in America con dei passaporti falsi.
Iniziammo a vivere insieme come avevamo sempre sognato. A Penelope iniziò a mancare la sua famiglia, infatti piangeva sempre.
Poverina è così sentimentale! Ho pensato che per scrivere quei racconti pieni di affetto bisogna nella vita farsi anche prendere completamente dai sentimenti.
Restammo insieme per due anni. Io mi trovai un lavoretto mentre lei rimaneva a casa tranquilla, visto che era partita un po’ con la testa. Ad un certo punto mi trovai costretto a chiuderla in camera quando andavo a lavoro, così che lei non potesse farsi del male.
Un giorno, però, mi dimenticai di chiudere la porta e lei prese il mio telefono e chiamò i suoi genitori. Da lì in avanti fu un pasticcio, vennero a prendermi le forze di polizia americane e ci separarono.
Tornammo in Italia ed io non la rividi più. »
I carabinieri credevano che Alessandro non dicesse del tutto la verità, e la domanda principale che avevano era come faceva Allesandro a non essersi mai reso conto che lei non lo amava e che voleva solo scappare.
Provarono allora a leggere qualche pagina del romanzo di Penelope, il romanzo che lei aveva scritto in quei due anni di rapimento. Speravano di capire se in quelle pagine ci fosse un indizio o qualcosa che provasse la colpevolezza di Alessandro.
Essere prigioniera è il mio destino crudele, essere tua sposa era il mio sogno, ma colui che ti ha messo al mondo ha impedito il nostro futuro per portare a compimento il mio infame destino.
Tutto il testo era colmo di riferimenti a un amore impedito da questo rapimento. Lei si sentiva persa e smarrita e credeva che non avrebbe mai più rivisto casa. In un capitolo di questa autobiografia citò A Zacinto di Ugo Foscolo e la commentò così:
Non credetti mai che tra tutte le poesie scritte proprio questa sarebbe stata vicina al mio dolore. Credevo che se avessi dovuto soffrire sarebbe stato per amore, o per la solitudine, ma mai per la mancanza di casa. «Né più mai toccheró le sacre sponde ove il mio corpo fanciullesco giacque, [ … ] tu non altro che il canto avrai del figlio, o madre mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura».
Tutti i carabinieri che lessero quel libro concordarono che era una meraviglia di autobiografia. In pochi scrittori sarebbero riusciti a condividere così bene quei difficili momenti dando anche grandezza e complessità strutturale al libro, rendendolo così un capolavoro.
Una mattina un giovane carabiniere arrivò in centrale e tutto felice disse ai suoi colleghi di avere un altra pista che avrebbe portato molto probabilmente alla svolta che stavano cercando.
per lui la ragione di questo tentato umicidio doveva cercarla nel libro. La sera prima scoprì che il libro era in diverse classifiche per vincere dei premi letterari.
E SE QUEL CARABINIERE AVESSE RAGIONE ? SE FOSSE STATO QUALCUNO CHE, INVIDIOSO DELLA FAMA DEL LIBRO, LE AVESSE FATTO DEL MALE?
Così i Carabinieri andarono a chiedere ai genitori di Penelope un chiarimento su l'importanza e l’influenza che quei premi avrebbero avuto per Penelope in caso di vittoria.
La madre della ragazza raccontò ai carabinieri tutto quello che volevano sapere e poi concluse il discorso con questo commento:
« Mia figlia è sempre stata brava con le parole, lei stessa mi ha confidato che, se non avesse scritto quel libro, non ne sarebbe uscita viva. Sarebbe impazzita. Voleva anche - e trovo che sia tremendo che una ragazza così giovane sia costretta a pensare queste cose - che, nel caso in cui lei non ce l’avesse fatta, si sarebbe saputa la verità di ciò che era successo tramite queste pagine.»
- Gaëlle Raga (5As)
